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Lo spread che non convince le banche

 

E’ come avere una malattia a cui lentamente ci si abitua, ma non siamo in salute, siamo malati. Lo spread che supera i 250 punti base è diventata la condizione di normalità che deve far pensare e un po’ preoccupare. L’Italia è in recessione? Alcuni segnali che ci stanno giungendo negli ultimi mesi ci devono mettere in guardia per quello che sarà il futuro economico del paese: la BCE segnala che a fine 2018 in Italia c’è stata una restrizione delle condizioni di credito. Le banche hanno reso più selettiva l’erogazione di prestiti alle imprese perché preoccupate della rischiosità dei debitori. Questa restrizione ricordiamo è avvenuta unicamente nel nostro paese, l’ Italia. In altri paesi dell’ Unione Europea come Olanda, Germania si è solo avuto un allentamento degli standard di base ai quali si erogano crediti, mentre in Spagna o in Francia le condizioni non sono mutate. Le banche invece in Italia sono soggette a preoccupazione, incertezza e rischio tale da far ridurre il credito.

 

Cosa ci aspetta

 

Minori saranno i volumi d’affari e si otterrà un credito minore, questo è il futuro. Anche gli investimenti privati subiscono l’effetto freno; la legge di Bilancio non ha rilanciato nemmeno quelli pubblici portando ad un rallentamento dell’economia molto più protratto del previsto. In maniera paradossale possiamo notare che da parte delle imprese non è diminuita la domanda netta, infatti il costo del denaro resta a livelli bassi, giustificando le imprese a ricorrere al credito per finanziarsi. Nello stesso tempo però troviamo che il rendimento risulta troppo basso per garantire alle banche una redditività sufficiente in un momento così incerto per l’economia. Negli ultimi mesi le banche italiane hanno preferito acquistare titoli pubblici invece di impegnare il capitale nel credito dell’economia, soprattutto da quando la politica italiana ha provocato le regole europee parlando di un eventuale uscita dall’Euro. Reazione comprensibile? Quando aumenta lo spread i crediti dell’economia diventano più rischiosi e quindi il rendimento dei titoli pubblici diventa certamente più allettante. Per l’Italia il rischio diventa la crescita dell’economia e non più il finanziamento del debito pubblico.

 

E alle banche?

 

Le banche dovranno rimediare ai prestiti oramai avariati e accumulati negli anni, risanando in maniera provvisoria i bilanci con la conseguenza di un rallentamento della ripresa economica. Di fatto si crea un circolo particolarmente instabile non appena i titoli di Stato cominciano a perdere di valore. Arrivati a questo punto il capitale diventa insufficiente per erogare credito e le banche registreranno perdite. Anche nell’estate dell’anno 2011 si manifestò questo meccanismo, le banche investirono in titoli pubblici che venivano venduti da investitori stranieri.

 

Convivere con uno spread così alto

 

Resta solo un’illusione l’idea di poter convivere con questa situazione per due ragioni: la prima è quella che la restrizione del credito è stata prodotta da un alto rendimento dei titoli pubblici e se il minor credito frenerà gli investimenti sarà una lunga recessione, la seconda riguarda invece una condizione instabile. Non appena lo spread supererà quota 300 gli investitori vedranno avvicinarsi uno scenario elaborato da economisti vicini al governo che prevede l’uscita dall’Euro con una previsione di svalutazione del 20% dopo l’uscita. Esiste la probabilità ravvicinata che questo accada poiché la durata media dei titoli pubblici è di quasi 7 anni.

In questo scenario abbiamo certamente compreso che l’aumento dello spread sarà l’ago della bilancia per il futuro della nostra economia e non solo. A presto con il prossimo articolo.

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